Le piante sono tra i ricordi più cari che una persona, scomparendo può lasciare; prenderti cura di loro e vederle continuare a fiorire, profumare, vegetare è un dolce modo per rinnovare il ricordo del caro estinto. Non tutte le specie, tuttavia, sono adatte allo scopo, quelle troppo delicate, sensibili e botanicamente difficili sentono terribilmente la mancanza del padrone e finiscono per morire anche loro; ma altre, meno delicate, possono vivere ancora tanti anni accontentandosi delle cure, spesso, maldestre di chi ha ricevuto il testimone del ricordo. La “spina di cristo” o Euphorbia milii di mia nonna materna le sopravvive ormai da quindici anni; è specie botanicamente quasi immortale e ritengo che continuerà a perpetuarne il ricordo ancora per chissà quanto tempo. Schefflera arborea variegata è una specie in vaso che mia suocera regalò ai miei genitori il giorno del nostro fidanzamento ufficiale (roba di venticinque anni fa). I miei suoceri non ci sono più ma la Schefflera arborea, immutabile, fa ancora bella mostra di se sul terrazzo dei miei genitori. Alla morte della madre un mio caro amico dovendo liberare l’appartamento ed il balcone di tutto quanto la madre possedeva mi ha voluto affidare una sua pianta di Aloe in vaso. E’ un bel momento quando in giugno lo invito a casa mia a rivederne la fioritura. Non sempre, tuttavia, il ricordo è dolce e fragrante; la specie che un’amica ha avuto tramandata dalla madre, alla quale a sua volta era stata portata in dono da un anziano zio, di ritorno dall’Africa, è una specie da tubero delle famiglie delle Araceae che appartiene al genere Dracunculus, in latino, piccolo drago.
La specie è veramente particolare perché in tarda primavera produce enormi fiori di colore rosso mattone formati da una spata a contorni ondulati e da un lungo spadice che sporge all’infuori, di colore rosso scurissimo, quasi nero. La pianta, di consistenza erbacea vegeta in primavera per poi disseccare nel corso dell’estate dopo la fioritura;
Ne vuoi qualche tubero pure tu? Non scherziamo con le cose serie; ad ognuno i suoi ricordi!
La specie è veramente particolare perché in tarda primavera produce enormi fiori di colore rosso mattone formati da una spata a contorni ondulati e da un lungo spadice che sporge all’infuori, di colore rosso scurissimo, quasi nero. La pianta, di consistenza erbacea vegeta in primavera per poi disseccare nel corso dell’estate dopo la fioritura;
nel suo complesso ha un aspetto estremamente suggestivo con grandi foglie di colore verde chiaro fortemente divise, spesso marmorizzate così come i fusti erbacei; una bellissimo ricordo, non c’è che dire, se non fosse per un piccolo particolare: all’apertura dei fiori lo spadice comincia ad emettere un fetore nauseabondo di carne in putrefazione che fa felici e richiama a frotte mosche e mosconi che provvedono alla fecondazione ma lascia basito chiunque abbia la ventura di sostare sottovento.
Praticamente un odore di carogna degna della savana africana; figuratevi averla in giardino.
Un ricordo punitivo a cui è possibile porre rimedio “castrando” lo spadice alla base; il fiore, evirato, non fa più nessun odore e, se viene reciso ed immerso in acqua, ha una durata veramente eccezionale. I piccoli tuberi possono essere coltivati anche in vaso ma, pur vegetando, la specie non fiorisce. Se si avesse il coraggio di non mutilare il fiore, a seguito della fecondazione, si produrrebbero bacche rosse, descritte, in letteratura, come molto decorative.Ne vuoi qualche tubero pure tu? Non scherziamo con le cose serie; ad ognuno i suoi ricordi!
Ma che strana pianta! Non immaginavo che ci fossero fiori "puzzolenti", però devo dire che il fiore è bello! Mi piace il suo colore amaranto. Sai Marcella mi sono presa una pausa per disegnare, non lo facevo da tanto tempo! Grazie per il ben tornata cara amica del blog! Ho qualche problema con il mio blog, non riesco a rispondere ai post...mi dice che sono "anonimo"!!! A presto
RispondiEliminaI fiori del Dracunculus sono veramente particolari; anche recisi mantengono un inalterato turgore ed un colore damascato, come di velluto. Esercitano, a guardarli un richiamo ancestrale che, se fossi un moscone apprezzerei!
RispondiEliminaCiao e buon disegno (spero di piante).