Percorrendo la stretta strada che da Ragusa scende verso il mare, in un paesaggio segnato da muretti a secco, carrubi e vacche che pascolano al sole, si incontra su di un poggio che domina un tratto di costa che da Punta Braccetto porta a Scoglitti, il Castello di Donnafugata, una delle più belle residenze storiche presenti nelle campagne della Sicilia orientale.
Più che un castello é un’elegante abitazione di campagna realizzata, nelle sue forme attuali, da Corrado Arezzo, Barone di Donnafugata, senatore del Regno e Sindaco di Ragusa, vissuto alla metà dell’ottocento, erede di una nobile famiglia che ebbe disponibilità della proprietà a partire dal XVII secolo. Secondo la leggenda la “Donna in fuga” che avrebbe dato nome alla baronia è la Regina Bianca di Navarra, vedova di Re Martino I d’Aragona, re del regno di Sicilia, che nel 1410 riuscì a fuggire da Palermo scampando alle mire del Conte Bernardo di Cabrera che sperava di convincere la regina a prenderlo in sposo e divenire in tal modo re; in Sicilia di dimore legate, nella tradizione, alla fuga della Regina Bianca ce ne sono tante quasi quanto quelle (direi una in ogni paese) che si fregiano di avere ospitato Garibaldi al suo passaggio e dunque, più verosimilmente, il toponimo “Donnafugata” deriverebbe da un etimo arabo con il significato di “Fonte della salute” per la presenza di una sorgente posta nelle vicinanze della dimora. Il castello in pietra bianca con le sue molteplici stanze, alcune delle quali ben conservate e aperte al pubblico ed il grande parco che lo circonda, svolgeva alla metà dell’800 il ruolo di grande residenza di campagna dove il Barone si ritirava alcuni mesi all’anno per riposare e seguire l’andamento delle sue proprietà.
Personalità eclettica, grande viaggiatore, musicista, amante del verde esotico ed intenditore di agricoltura, il barone Arezzo realizzò il parco come luogo di delizia dove rilassarsi nelle calde estati siciliane intrattenendo i suoi ospiti con scherzi, giochi d’acqua, invenzioni grottesche ed angoli suggestivi disseminati nel parco.
Nel parco di Donnafugata gli scherzi del Barone burlone non sono più in funzione ed ai moderni visitatori non resta che perdersi, per poi ritrovarsi, tra le corsie assolate del labirinto di pietra.
Fonti: G. Pirrone, L'isola del sole, Electa, Milano, 1994; B. Guccione, G. Nicastro, Il recupero del parco di Donnafugata, La Sicilia ricercata, anno secondo marzo 2000, Bruno Leopardi editore;
Più che un castello é un’elegante abitazione di campagna realizzata, nelle sue forme attuali, da Corrado Arezzo, Barone di Donnafugata, senatore del Regno e Sindaco di Ragusa, vissuto alla metà dell’ottocento, erede di una nobile famiglia che ebbe disponibilità della proprietà a partire dal XVII secolo. Secondo la leggenda la “Donna in fuga” che avrebbe dato nome alla baronia è la Regina Bianca di Navarra, vedova di Re Martino I d’Aragona, re del regno di Sicilia, che nel 1410 riuscì a fuggire da Palermo scampando alle mire del Conte Bernardo di Cabrera che sperava di convincere la regina a prenderlo in sposo e divenire in tal modo re; in Sicilia di dimore legate, nella tradizione, alla fuga della Regina Bianca ce ne sono tante quasi quanto quelle (direi una in ogni paese) che si fregiano di avere ospitato Garibaldi al suo passaggio e dunque, più verosimilmente, il toponimo “Donnafugata” deriverebbe da un etimo arabo con il significato di “Fonte della salute” per la presenza di una sorgente posta nelle vicinanze della dimora. Il castello in pietra bianca con le sue molteplici stanze, alcune delle quali ben conservate e aperte al pubblico ed il grande parco che lo circonda, svolgeva alla metà dell’800 il ruolo di grande residenza di campagna dove il Barone si ritirava alcuni mesi all’anno per riposare e seguire l’andamento delle sue proprietà.
Personalità eclettica, grande viaggiatore, musicista, amante del verde esotico ed intenditore di agricoltura, il barone Arezzo realizzò il parco come luogo di delizia dove rilassarsi nelle calde estati siciliane intrattenendo i suoi ospiti con scherzi, giochi d’acqua, invenzioni grottesche ed angoli suggestivi disseminati nel parco.
La grande superficie di circa 8 ettari era sostanzialmente suddivisa in tre aree principali: una parte ad orto e giardino con piante da frutto, le serre ed un piccolo orto botanico dove accogliere vari esotismi che a Palermo come a Ragusa facevano la gioia delle casate nobili dell’epoca. A ridosso del fabbricato, sotto le finestre del piano nobile, era ambientata l’area formale con un giardino geometrico alla francese con aiuole di lavanda e rosmarino a forma di stella e semi luna piene di fiori.
La zona più estesa e scenografica del parco era all’inglese, caratterizzata da una viabilità irregolare che indirizzava le passeggiate verso una serie di elementi simbolici: il viale di accesso ad una casina per i rinfreschi all’aperto (coffee house), il viale del tramonto e la collina con grotte e un tempietto neoclassico, ombreggiato da pini. Il parco doveva stupire e divertire ed era perciò disseminato di “amenità”. Famoso l’automa con sembianze da monaco barbuto nascosto dentro una finta cappelletta il cui meccanismo veniva azionato salendo sull’ultimo gradino; il malcapitato si trovava stretto in un improvviso e sgradito abbraccio dell’orrido monaco.
Sotto la collinetta artificiale una finta grotta era decorata con stalattiti di sughero a ricreare l’effetto di un antro buio e ospitava un automa che inghiottiva ed evacuava palline, tra spruzzi d’ acqua. Al di sopra della grotta un tempietto circolare aveva il tetto dipinto come un cielo di stelle per ospitare romantiche conversazioni su un sedile di ghisa. Tra gli intrattenimenti più richiesti dagli ospiti del Barone, vi era nel parco un labirinto realizzato con muri a secco, in pietra bianca ragusana e sorvegliato all’ingresso da un soldato di pietra; il labirinto ricalcava la forma a trapezio del celebre labirinto inglese di Hampton Court Palace, vicino Londra, che il Barone doveva avere visto ed apprezzato durante uno dei suoi innumerevoli viaggi; all’interno del labirinto rose rampicanti crescevano ovunque per impedire lo scavalcamento delle corsie.
Lo stile neogotico di fine Ottocento, presente in Sicilia in molte dimore del tempo, era ripreso nel parco nelle grottesche decorazioni di vasi e finestre e, in giardino, nell’ emiciclo posto a nord, che ospitava un boschetto di cipressi con due finte pietre sepolcrali (cenotafi).
Non mancavano poi, fontane e scherzi d’acqua distribuiti nei sedili del parco dove più probabile era la sosta. A distanza di oltre un secolo lo spirito del "Barone burlone" non aleggia più tra queste scenografie vegetali. Il parco acquisito nel 1982 dal comune di Ragusa in stato di quasi totale abbandono sta riprendendo progressivamente forma nelle sue aree principali ma delle oltre 1500 specie di alberi ed arbusti introdotte dal Barone ne rimangono appena un centinaio; tra esse, quattro esemplari ultra centenari di Ficus macrophylla subsp. macrophylla, una specie di ficus priva di radici aeree; tra le curiosità a loro riguardo: un antico privilegio della baronia di Donnafugata consentiva di utilizzare le foglie dei ficus come cartoline che il locale ufficio postale annullava e spediva regolarmente.
Interessante il viale delle casuarine della specie Casuarina verticillata caratterizzata da un fogliame più elegante e flessuoso rispetto alla più diffusa Casuarina equisetifolia.
Tra le rarità botaniche Pinus roxburghii una specie himalayana molto resistente all’aridità, presente nel parco con due soli esemplari ed un unico esemplare di Sideroxylon foetidissimum, un albero della famiglia delle Sapotaceae dal legno arancione e frutti neri, eduli. Nel parco di Donnafugata gli scherzi del Barone burlone non sono più in funzione ed ai moderni visitatori non resta che perdersi, per poi ritrovarsi, tra le corsie assolate del labirinto di pietra.
Fonti: G. Pirrone, L'isola del sole, Electa, Milano, 1994; B. Guccione, G. Nicastro, Il recupero del parco di Donnafugata, La Sicilia ricercata, anno secondo marzo 2000, Bruno Leopardi editore;
P.S. Il Parco ed il Castello sono stati da me rivisitati nel gennaio 2022 e sono sempre una bella meta; del Castello sono visitabili le stanze del primo piano con i relativi arredi; il giardino è ripulito ed è molto gradevole passeggiare tra tempietti e grotte ma in alcuni punti la manutenzione è un poco grossolana come nel giardino all'italiana dove le siepi di rosmarino e salvia sono un unico grande groviglio. Nel complesso un giardino da vedere.
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Ciao Marcella...sono stata via per un pò. Il primo salutino lo faccio a te. Che bella la tua Sicilia e la sua storia! Il romantico tempietto mi ricorda i parchi inglesi. A presto
RispondiEliminaSono stata particolarmente contenta quando ho visto nuovamente attivo il tuo blog; spero che avrai voglia di continuare a dedicare tempo alle tue belle dimore così avremo anche modo ed occasione per risentirci.
EliminaGreat tour to the wonderful TOWERS!
RispondiEliminaWell kept!
The picture of you my dear friend Marsella, is very beautiful and very interested in the history of the owner!
Thanks for the nice ride!
many kisses
Χαίρομαι που σας άρεσε η ιστορία μου. Για φωτογραφίες έχω ακόμα πολλά να μάθω από εσάς! φιλιά
EliminaLedue lapidi situate in giardino dunque sono finte?
RispondiEliminaLe due lapidi dunque situate nel giardino con attorno alberi di pino nn sono veri sepolcri?
RispondiEliminaNel senso che non vi sono state praticate sepolture (mi scuso per il ritardo nel rispondere dovuto a manata notifica del commento
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