C’è una regione dell’Australia ed in particolare la parte sud occidentale della regione nota come Western Australia, dove si riscontrano, similmente a quanto avviene in altri regioni del mondo come il Cile, Sud Africa e California, condizioni climatiche molto simili a quelle che si ritrovano nel bacino del Mediterraneo dove il clima è caratterizzato da un’alternanza tra estati calde ed asciutte ed inverni umidi miti o freddi.


Ed è per questo che qualche giorno fa, a caccia di colore, ho comprato una piantina in vaso di Anigozanthos, un genere della famiglia delle Haemodoraceae, chiamato comunemente “zampe di canguro, kangaroo paws” per la forma insolita delle corolle dei fiori, disposte come piccole, molteplici dita aliene dagli sgargianti colori rosso, arancione, giallo o talvolta bicolori, all’estremità di steli fiorali nudi di foglie.
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La pianta si sviluppa da brevi rizomi sotterranei capaci di rigenerare la parte vegetativa morta in seguito a forte siccità o incendio; la parte aerea è costituita da una rosetta di lunghe e strette foglie di colore grigio verde dal cui centro si dipartono steli nudi; in cima portano un racemo di fiori colorati capaci di attirare uccelli, incaricati dell’impollinazione, ai quali i fiori fanno da trespolo. Alcune specie di taglia più grande (Anigozanthos manglesii) sono comunemente utilizzate nei giardini australiani per realizzare bordure o angoli scenografici; per il mercato europeo invece sono stati selezionati degli ibridi di Anigozanthos flavidus, Anigozanthos rufus, Anigozanthos pulcherrimus, a taglia bassa e compatta, adatti alla coltivazione in vaso e la cui propagazione avviene per via meristematica riuscendo in tal modo ad ottenere una produzione standardizzata. La mia pianta di Anigozanthos, così simile ad una manina grattaschiena, appena comprata aveva i fiori di un vivido, allegro, colore rosso aranciato che, tuttavia, in casa in una decina di giorni si è un poco sbiadito; delusa la sbatto in balcone, in un angolo luminoso e riparato dal vento e con mia grande soddisfazione i colori sono ritornati vividi. Seguo le indicazioni trovate sul web di mantenere umido il terriccio e per il resto cerco di non affezionarmi troppo. Tutti dicono che la specie, in vaso, ha vita breve perché con l’arrivo della stagione calda la parte aerea tenderà a seccare per produrre, forse, una nuova vegetazione in autunno; ma ritengo che chiedere una seconda fioritura ad una pianta coltivata in vaso e perdipiù così distante dai "suoi canguri", sia decisamente troppo anche per una rustica specie australiana.
Ciao Marcella, splendido articolo come sempre, ma l'Ani-coso porprio non lo digerisco. Ho tentato di farmelo piacere in mole salse, ma non ci riesco. Con buona pace di Lloyd io la trovo una pianta davvero bruttazzola.
RispondiEliminaC'è poi chi riesce ad utilizzarla molto bene in giardini esotici, in hot border, o in maniera anticonvenzionale. Io ammiro la bravura di chi ci riesce, ma seppur ormai anche nella misera Siderno questa pianta sia non una novità, mi guardo dal guardarla nei vari mercatini. Come suggerisce il suo nome comune, sembra proprio un gallo morto messo a testa sotto e sepolto a metà sotto terra. Le piante un po' zoomorfiche suscitano sempre un po' di inquietudine.
Cara Lidia sei insuperabile! La descrizione dell’Ani-coso come di un gallo morto messo a testa sotto e sepolto a metà sottoterra è esilarante nonché assolutamente veritiera.
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