Il racconto di una passione per Opuntia dillenii
Pensavi mai di poterti innamorare di una sensazione aspra, forte, pungente? di un paesaggio mediterraneo così diverso da quello che ti ha visto nascere e lavorare e ancor più diverso dai luoghi esotici che sei andata a guardare in tanti viaggi fatti da giovane percorrendo paesi lontani alla ricerca di un luogo chiamato casa?
E quando la tua voglia di esplorare e conoscere ti ha portato a puntare anche sul Salento, sei arrivata a Tricase, in un estremo lembo di terra rossa che sporge arido verso il mare che lo lambisce e abbraccia da due lati; garighe assetate, brulle e profumate, abbarbicate su di una falesia bianca erano casa di una piccola opunzia dai frutti color magenta, Opuntia dillenii, una specie arrivata come le altre dalle americhe ma naturalizzata da secoli nella macchia mediterranea del Salento in luoghi aridi, in zone soleggiate e asciutte anche in assenza di un vero e proprio substrato di coltivazione.
I suoi frutti color magenta coperti di spine, il suo essere specie reietta tra le opunzie perché priva di una qualsivoglia forma di utilizzazione agricola ti hanno d’improvviso fatto capire che era in quel posto che volevi abitare per potere recuperare, salvaguardare e promuovere le peculiarità organolettiche di questo particolare tipo di fico d'india dal quale ricavare, con rispetto, sacrificio e dedizione qualcosa di veramente speciale.
E’ questa in sintesi la storia di Margherita Diviccaro, per gli amici Titty, una creativa, stravagante, originale (sono sue definizioni), produttrice di frutti di Opuntia dillenii che giunta da Trieste, cinque anni fa, a Tricase, nella penisola salentina, decide di mollare il suo lavoro creativo nel campo della moda per buttarsi a corpo morto in una vera e propria missione: sensibilizzare la collettività alla bellezza e utilità di questo tipo di frutto.
Margherita cosa hai trovato di speciale nel frutto di Opuntia dillenii che ti ha convinto a cambiare vita e rimanere a Tricase?
Opuntia dillenii è una pianta che ho conosciuto durante i miei viaggi per il mondo, fatti molti anni fa, in Messico, ma anche nel Kerala nel sud dell'India, come una specie reietta presente lungo litorali calcarenitici ma anche in zone lontane dal mare. Già allora rimasi folgorata dal colore magenta dei suoi frutti e dalla particolarità di questa specie di fico d’india così insolita, frugale e spinosissima. Lì come in tutte le regioni che dal sud della California scendono sino al Paraguay, di Opuntia dillenii viene utilizzato il fiore per il tè, la pala ed i frutti come medicamento naturale e il frutto, in campo gastronomico, per realizzare confetture, gelatine, liquori.
Da sempre appassionata di botanica ho scoperto, con molta meraviglia, al mio arrivo in Puglia la presenza dell'opunzia conosciuta in Messico come specie spontanea presente sulle falesie marine o anche nell'entroterra a ridosso di muretti a secco. Volevo da subito condividere l'emozione del ritrovamento e l’idea di riuscire a valorizzare la specie con gli amici o gli abitanti del luogo ma, mi sono invece accorta che, la maggior parte dei salentini non attribuisce alcun valore a questa opunzia pur avendola in un vaso davanti casa o abbandonata nelle loro campagne. La mia idea di valorizzare e riscoprire questa specie temibile per la pericolosità delle sue spine, inutile perché non commerciabile e da alcuni ritenuta anche velenosa mi ha creato la fama di una persona folle, marziana, svitata. Ed è stata questa la molla, il "quid", che mi ha spinto ad andare contro corrente e fare qualcosa di utile e bellissimo per l'opunzia e per il mio ambiente.
Opuntia dillenii è una pianta che ho conosciuto durante i miei viaggi per il mondo, fatti molti anni fa, in Messico, ma anche nel Kerala nel sud dell'India, come una specie reietta presente lungo litorali calcarenitici ma anche in zone lontane dal mare. Già allora rimasi folgorata dal colore magenta dei suoi frutti e dalla particolarità di questa specie di fico d’india così insolita, frugale e spinosissima. Lì come in tutte le regioni che dal sud della California scendono sino al Paraguay, di Opuntia dillenii viene utilizzato il fiore per il tè, la pala ed i frutti come medicamento naturale e il frutto, in campo gastronomico, per realizzare confetture, gelatine, liquori.
Da sempre appassionata di botanica ho scoperto, con molta meraviglia, al mio arrivo in Puglia la presenza dell'opunzia conosciuta in Messico come specie spontanea presente sulle falesie marine o anche nell'entroterra a ridosso di muretti a secco. Volevo da subito condividere l'emozione del ritrovamento e l’idea di riuscire a valorizzare la specie con gli amici o gli abitanti del luogo ma, mi sono invece accorta che, la maggior parte dei salentini non attribuisce alcun valore a questa opunzia pur avendola in un vaso davanti casa o abbandonata nelle loro campagne. La mia idea di valorizzare e riscoprire questa specie temibile per la pericolosità delle sue spine, inutile perché non commerciabile e da alcuni ritenuta anche velenosa mi ha creato la fama di una persona folle, marziana, svitata. Ed è stata questa la molla, il "quid", che mi ha spinto ad andare contro corrente e fare qualcosa di utile e bellissimo per l'opunzia e per il mio ambiente.
Raccontaci cosa hai fatto in concreto per dare vita al tuo progetto?
Da quando sono arrivata nel Salento spostandomi di continuo in bici o con la mia APE 50 tento di recuperare quel che resta di piante di Opuntia dillenii maltrattate dai contadini locali che considerandola una pianta pericolosa e non commestibile, dunque che "non serve", cercano in tutti i modi di eliminarla usando le fiamme per bruciarne i cladodi o passandoci sopra con il decespugliatore.
Da quando sono arrivata nel Salento spostandomi di continuo in bici o con la mia APE 50 tento di recuperare quel che resta di piante di Opuntia dillenii maltrattate dai contadini locali che considerandola una pianta pericolosa e non commestibile, dunque che "non serve", cercano in tutti i modi di eliminarla usando le fiamme per bruciarne i cladodi o passandoci sopra con il decespugliatore.
Io cerco di recuperare le pale per tentare di ridar loro nuova vita e dignità ricoverandole all'ombra di lentischi e terebinti,tra ciuffi di asfodelo e orchidèe spontanee, mirto ed alloro sperando che emettano nuove radichette, riportando così a nuova vita gli stessi esemplari di cui l'uomo si disfa.
Parallelamente, sempre nella macchia incontaminata prospiciente il mare e senza violentare o forzare il terreno, colleziono esemplari sani dai quali ottengo un piccolo raccolto di piccoli frutti dal colore magenta, dal gusto un poco acìdulo, profumati a volte di erba con note di rosa o di amarena e ribes rosso, dal quale ricavare, in modo naturale, intriganti prodotti di nicchia.
In che modo riesci a mettere insieme un quantitativo adeguato di frutti?
In che modo riesci a mettere insieme un quantitativo adeguato di frutti?
Io non voglio in alcun modo sfruttare quello che la natura ci porge; agisco con il massimo rispetto perché anche altri oltre me possano apprezzarne i doni. Per questo ho iniziato lavorando una piccola quantità di frutti che raccoglievo in natura, poi ho acquisito vecchi terreni del tutto abbandonati, nella macchia vicino al mare; incontaminati, non coltivabili dagli altri perché costituiti da scogli scoscesi, movimentati con giochi di vuoti e di pieni o fazzolettini di terra rossa che la gente preferisce tenere incolti e abbandonati.
Riesco a fare un raccolto l’anno ed è questo il momento più elettrizzante e..doloroso del mio lavoro, perché nonostante i doppi guanti, la tuta cerata e il berretto mi riempio completamente di spine.
Ancor più grave è il momento della pulizia dei frutti dalle spine (glòchidi); fico per fico con pochi movimenti delicati e precisi (per non determinare la formazione di macchie ed ematomi) pulisco i frutti con juta, erba fresca e sabbia. Il fico d'opunzia magenta è infatti molto difficile da lavorare sia perché la pulizia deve essere fatta a mano, sia per l'alta presenza di gel naturale che non rilascia facilmente i semi oltre i fori della setacciatrice. I frutti sono piccoli, aciduli e composti per la maggior parte da semi coriacei avvolti in una densa mucillagine, motivo per cui ci vogliono tantissimi fichi per ottenere una confettura-extra con più del 74% di solo frutta.
Come procedi per realizzare le tue produzioni?Sono molto esigente ed il mio carattere mi ha portato a sperimentare il più possibile per avvicinarmi al miglior risultato possibile; la mia sete di conoscenza mi ha portato a far ricerche di giorno e di notte in altri paesi (Canarie, Mexico, Arizona) e di confrontare i risultati. Ho dovuto superare tante difficoltà locali per trovare chi mi lavorasse il prodotto secondo le mie precise indicazioni guardata sempre come un tipo “alieno” forse perché sono donna e forestiera. Ho sacrificato 5 anni per l'opunzia di Dillenius ma finalmente ho cominciato a creare "energia" ed "attenzione" intorno al mio prodotto. L' ultima entusiasmante produzione prevede delle conserve dolci :
- composta di cactus OPUNTIA d e fiori di lavanda (80%) con zucchero 120gr.
- composta di cactus OPUNTIA d. con scorze di arancia((80%) e zucchero ed ancora, confetture extra, mostarde e cuori di opunzia sciroppata.
Quale è in sintesi, Margherita,
il senso della tua esperienza?
Un frutto d'opunzia caduto e frantumatosi ai miei piedi su una falesia
bianca:fui inondata,così, da uno schizzo coi rossi più belli del mondo!cactus-opuntia-fichi-rossi-un-gradito regalo
Una testimonianza davvero bella, di grande passione, che oltretutto trovo inaspettatamente e che rileggo avidamente dopo due estati in cui, senza successo, in vari viaggi in Sicilia m'ero intestardito a cercare le varietà bianca e rossa di Oputia ficus-indica, per far compagnia alla comune gialla.
RispondiEliminaAdesso mi intestardirò altresì nella ricerca di questa bella Opuntia dillenii, del cui gusto non dubito.
A tal proposito colgo l'occasione per chiedere: oltre al Salento, cui certamente indirizzerò le mie future ricerche, vi sono altre zone in cui si ha notizia di questa specie? E l'Oputia ficus-indica a polpa bianca e quella a polpa rosse dove mi consigliereste di andarle a cercare in Sicilia?
Purtroppo giungo sempre a raccogliere pale in periodi distanti dalla fruttificazione e nonostante le indicazioni degli abitanti dei posti visitati nutro ancora incertezza su quanto, concretamente, raccolto; ho raccolto pale fino a Porto-palo (scusate il gioco di parole) ma ancora per molto non potrò verificarne il colore, dunque....ogni aiuto o indicazione sarà gradito!
Cordialmente
Stefano
Stefano, sei sempre pieno di interessi! mandami tramite la pagina dei contatti il tuo indirizzo email che spero di darti buone notizie per le pale siciliane; per la dillenii potrei darti l'indirizzo di Margherita che ne è l'esperta.
EliminaSalve, vorrei precisare, che si tratta di Opuntia stricta e no dillenii, le due specie vengono erroneamente associate, ma si tratta due tipologie differenti.
RispondiEliminaLa stricta ha poche spine o assenti come si nota nelle foto, la dillenii invece ne è piena.
Margherita, delle sue opunzie sa vita morte e miracoli; le trasferirò il commento perchè possa spiegare.
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