L'arte dell'intreccio di fibre vegetali
Ci vogliono mani dall’abilità antica, acquisita con esercizio e passione, per scegliere, raccogliere, piegare, intrecciare
e comporre, partendo da una giovane foglia di palma, "i gigli di Pasqua",
manufatti ispirati alla tradizione contadina meridionale
che Mario Guccione ha preparato per la ricorrenza della
Domenica delle Palme e ha portato dal suo paese, San Michele di Ganzaria, in città per venderle ai fedeli che, come tradizione vuole, li hanno fatti benedire durante il rito che apre la celebrazione della Settimana Santa per conservarli, poi, per tutto un anno come reliquia di culto.
Mario, che di lavoro fa l’operaio forestale, è innamorato del suo paese, San Michele, che si sviluppa su un versante della montagna della Ganzaria, un rilievo dei monti Erei che per una serie di strane combinazioni climatiche è una stazione privilegiata, in Sicilia, per la crescita delle orchidee spontanee. Mario ne è molto appassionato e ne è diventato un profondo conoscitore, tanto da essere coautore di un libro dal titolo “Orchidee spontanee della Montagna di Ganzaria" e punto di riferimento per la redazione di diverse pubblicazioni scientifiche in merito.
Sulla stessa montagna cresce spontanea la palma nana Chamerops humilis, la disa (Ampelodesmos mauritanicus) e il giunco, vegetali con le cui fibre i contadini della zona ottenevano in passato come, in tutto le aree agricole del Mediterraneo, oggetti di uso comune di notevole economicità e resistenza come scope, scopini, ventagli, cordami, pagliette, coffe, stuoie, trastulli per bambini e decorazioni di culto e beneauguranti come i gigli di Pasqua o le spighe di grano del buon augurio (trizza della provvidenza).
Il giglio che, con veloce
movimento delle mani, Mario mi intreccia
davanti in pochi minuti, viene fuori da una foglia ancora verde di Phoenix
canariensis raccolta, mi dice Mario, su una pianta di palma morente perché colpita
dal punteruolo. La raccolta delle foglie ancora giovani di palme come Chamerops
humilis ma anche Phoenix o Washingtonia, che era considerata fino a poco tempo fa
una normale attività di cerca e raccolta agricola, è oggi da ritenere una pratica da attuare con molta
moderazione e parsimonia per l’esiguo numero di palme rimaste indenni
dall’attacco del rincoforo distruttore.
L’intreccio che ne viene fuori è un giglio a quattro foglie e due grosse trecce lavorate a "bureddu lupo"; il suo banchetto ne è pieno insieme a rametti d’olivo e a spighe di grano intrecciate, simbolo di abbondanza e fertilità.
Portare a casa un lavoro artistico di Mario non è solo un modo per festeggiare secondo tradizione la Pasqua, è anche un momento di riflessione sulla quotidianità della vita contadina di un tempo, vissuta con semplicità e a stretto contatto con la campagna; un modalità di vita che, come ha già fatto Mario, dovremmo tutti noi tornare a condividere ed apprezzare.
Una bella storia, di attenzione, tradizioni, passione. Complimenti a Mario e tanti auguri di buona Pasqua!
RispondiEliminaGrazie, e Buone feste pure a te!
EliminaGrande Mario!!!
RispondiEliminaHa proprio ragione: Grande Mario!
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