Quando sento arrivare l’autunno, tra il tempo dei kaki e quello delle arance, c’è un piccolo interregno temporale dedicato, nel mio scadenzario alimentare personale, ad un piccolo frutto, definito di nicchia perché solo chi vive alle falde del vulcano Etna ne conosce l’esistenza e ne pregusta in novembre il particolare sapore.
E’ una piccola mela di montagna che tutti chiamano “mela Cola” probabilmente perché coltivata inizialmente in terreni limitrofi al convento di San Nicola nel territorio del comune di Nicolosi. Sino ai primi anni del 900 veniva estesamente coltivata in terreni terrazzati ricadenti nei comuni pedemontani etnei (Zafferana, Milo, Sant’Alfio, Pedara, Nicolosi, Ragalna, Biancavilla e Adrano) utilizzando antiche popolazioni autoctone molto resistenti al freddo e dunque coltivate in una fascia altimetrica compresa tra 600 e 1400 metri di quota dove non era possibile realizzare altri tipi di coltivazione che non fossero bosco o pascolo. Una coltura tradizionale effettuata in condizioni colturali povere per assenza di concimazioni e di acqua irrigua, generalmente su piante franche di piede, selvatiche e solo successivamente innestate.
Di forma simile alle mele della varietà Cola, le mele Gelato hanno una polpa bianchissima, farinosa, aromatica e dolcissima soprattutto nelle aree vetrificate; sono frutti molto ricercati per preparare crostate e torte di mele. La varietà Cola Gelato è, forse tra tutte, la più diffusa in coltivazione perché in se assomma i pregi delle varietà da cui si è originata a cui aggiunge precocità, produttività, maggiore pezzatura ed intenso profumo.
La raccolta di queste mele viene effettuata da fine settembre a metà ottobre quando ancora i frutti non sono completamente maturi; vengono poi conservate in magazzini di montagna e consumate a partire dai mesi di novembre, dicembre mantenendosi però in magazzino sino ai primi tepori della primavera. Le mele Cola, il cui mercato, in tempi di globalizzazione è stato surclassato dalle moderne varietà continentali vengono oggi coltivate da pochi produttori riuniti in Associazione su una superficie di non più di 600 ettari, per l’80% ricadenti nel territorio del Parco dell’Etna, in coltura biologica o integrata.
Incentivare il consumo di questi piccoli frutti non è solo un fatto di gusto ma direi ancor più un imperativo culturale; recuperare le tradizioni agroalimentari del proprio territorio consente di salvaguardarne gli aspetti paesaggistici mantenendone inalterata la agro biodiversità. Consumare le piccole mele dell’Etna non è solo un’esperienza gustativa soddisfacente ma anche un modo per fare si che un antico germoplasma così ricco di profumo e sapore non vada irrimediabilmente perduto.
Alcune immagini ed informazioni sono stati reperite dai seguenti siti:
Orto Botanico Catania
Antichi frutti dell'Etna
E’ una piccola mela di montagna che tutti chiamano “mela Cola” probabilmente perché coltivata inizialmente in terreni limitrofi al convento di San Nicola nel territorio del comune di Nicolosi. Sino ai primi anni del 900 veniva estesamente coltivata in terreni terrazzati ricadenti nei comuni pedemontani etnei (Zafferana, Milo, Sant’Alfio, Pedara, Nicolosi, Ragalna, Biancavilla e Adrano) utilizzando antiche popolazioni autoctone molto resistenti al freddo e dunque coltivate in una fascia altimetrica compresa tra 600 e 1400 metri di quota dove non era possibile realizzare altri tipi di coltivazione che non fossero bosco o pascolo. Una coltura tradizionale effettuata in condizioni colturali povere per assenza di concimazioni e di acqua irrigua, generalmente su piante franche di piede, selvatiche e solo successivamente innestate.
Alberi robusti capaci di produrre in abbondanza piccole mele di forma cilindrica attaccate alla pianta con un peduncolo fogliare corto e tozzo.
Il tipico frutto della mela Cola si presenta di colore verdognolo al momento della raccolta per diventare poi giallo paglierino, punteggiato da piccole lenticelle, alla maturazione di consumo; la polpa, anch’essa bianca, dolce ed acidula a maturazione, è delicatamente profumata adatta al consumo fresco o per essere cotta in acqua o passata in forno.
Se le mele Cola sono veramente buone (anche se con due morsi un frutto è già bello e mangiato) c’è un tipo di mela Cola ancora più ricercata, ottenuta dall’incrocio spontaneo fra questa varietà e la varietà Gelato e chiamata, appunto per questo, Cola Gelato. La varietà Gelato, oramai rara, deve il nome alla presenza nella polpa di aree traslucide che ricordano l’aspetto del frutto ghiacciato.
La raccolta di queste mele viene effettuata da fine settembre a metà ottobre quando ancora i frutti non sono completamente maturi; vengono poi conservate in magazzini di montagna e consumate a partire dai mesi di novembre, dicembre mantenendosi però in magazzino sino ai primi tepori della primavera. Le mele Cola, il cui mercato, in tempi di globalizzazione è stato surclassato dalle moderne varietà continentali vengono oggi coltivate da pochi produttori riuniti in Associazione su una superficie di non più di 600 ettari, per l’80% ricadenti nel territorio del Parco dell’Etna, in coltura biologica o integrata.
Incentivare il consumo di questi piccoli frutti non è solo un fatto di gusto ma direi ancor più un imperativo culturale; recuperare le tradizioni agroalimentari del proprio territorio consente di salvaguardarne gli aspetti paesaggistici mantenendone inalterata la agro biodiversità. Consumare le piccole mele dell’Etna non è solo un’esperienza gustativa soddisfacente ma anche un modo per fare si che un antico germoplasma così ricco di profumo e sapore non vada irrimediabilmente perduto.
Alcune immagini ed informazioni sono stati reperite dai seguenti siti:
Orto Botanico Catania
Antichi frutti dell'Etna
Buongiorno. Il nome della mela Cola di deve a colui che la ibridò nella seconda metà dell'800. Sì chiamava Nicola Petrilli ed aveva una grande masseria nelle campagne di Taurianova, in provincia di Reggio Calabria. Esportava le sue mele persino in Gran Bretagna e nelle mappe catastali del tempo di può leggere il nome del luogo della masseria: Contrada Cola (da Nicola appunto). La fonte è certa, poiché conosco i discendenti, i quali si tramandano questa notizia da allora. P.S. Nicola Petrilli era un raro e fiero proprietario terriero anarchico che non temeva i mafiosi e lavorava insieme ai propri mezzadri. Morì ormai anziano di infarto, proprio mentre stava raccogliendo le mele.
RispondiEliminaGrazie! Notizie di grande interesse storico. Mi piacerebbe sapere la storia che le ha portate sull'Etna e se si coltivano ancora in Calabria
EliminaLa mela Cola viene anche chiamata mela limoncello, poiché ha il retrogusto del limone.
RispondiEliminaVeramente una scoperta. Lo ho sentito in televisione. Commercializzate solo in Sicilia, però. Peccato!
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