Di lui e del suo libro si parlerà a Murabilia il 4 settembre 2015
Nikolaj Vavilov è per me il ricordo di un nome lontano che risale ai tempi dell’ Università quando, studiando in modo matto e disperatissimo, incameravo miriadi di informazioni per il breve tempo dell’esame, mettendole, poi, se non più usate, nel dimenticatoio. Poi quest’estate, leggendo il bellissimo libro di Stefano Mancuso “Uomini che amano le piante” dove si racconta la vita di botanici, genetisti, esploratori, agronomi, filosofi e letterati, da Malpighi a Darwin, da Mendel a Jean-Jacques Rousseau, da George Washington Carver a Vavilov appunto, accomunati da una vera passione per le piante che studiarono con competenza e tenacia, spesso in un mare di difficoltà, il cassetto della memoria si è aperto e mi sono improvvisamente ricordata di lui: Nikolaj Ivanovič Vavilov, uno dei padri nobili dell’agricoltura mondiale, un agronomo russo vissuto agli inizi del 900 che tra i primi intuì l’importanza della genetica vegetale, scienza allora agli albori, che applicò alla selezione di nuove varietà di frumento con l’intento visionario di trovare super varietà capaci di sfamare il popolo russo stremato dalla povertà e dalla fame. Nel libro di Mancuso il capitolo dedicato alla vita di Vavilov è avvincente ma, allo stesso tempo, avvilente per come l'ideologia e il dogmatismo staliniano ebbero la meglio sulla passione e l'impegno di un uomo che aveva dedicato la vita alla studio delle piante.
Nikolaj Ivanovič Vavilov, nasce a Mosca nel 1887 da una famiglia di mercanti; nel 1906 si iscrive all’Istituto di Agricoltura moscovita dove si distingue per impegno e grandi capacità laureandosi nel 1911. Negli anni successivi, effettua viaggi di studio all’estero dove conosce W. Bateson uno dei padri della genetica e di ritorno in patria mette a punto un dettagliato e grandioso programma di lavoro mirato ad applicare le nozioni acquisite alla selezione di nuove varietà di piante coltivate per migliorarne la produttività, avvalendosi anche delle esperienze condotte sul frumento da Nazareno Strampelli agronomo e genetista italiano. La Russia era in quegli anni un paese caratterizzato da una agricoltura molto arretrata sia da un punto di vista tecnologico che organizzativo. Le devastazioni avvenute nel corso della prima guerra mondiale rendevano urgente sopperire alle esigenze alimentari della popolazione e questo spinse il governo sovietico ad avviare un grandioso programma di trasformazione dell’agricoltura. Il compito di dirigere il lavoro fu affidato a Vavilov che fondò l’Accademia pansovietica di scienze agrarie Lenin (Vaschnil ) avviando, tra il 1920 e il 1930, un piano di esplorazione mondiale nel corso della quale, con oltre cento viaggi al suo attivo in 64 paesi, metterà insieme una enorme collezione costituita da più di 50.000 varietà di piante selvatiche e da 31.000 campioni di grano conservati in un enorme bunker costruito sotto l’Istituto, a San Pietroburgo. E’ in questi anni di frenetiche ricerche che Vavilov riesce a costituire nuove varietà di frumento che daranno alla Russia un importante contributo per l’aumento delle produzioni cerealicole, mettendo, altresì, a punto la teoria per cui è studiato sui libri di testo; nel corso dei suoi molteplici viaggi, Vavilov infatti intuisce e teorizza nel suo libro ‘ Origine delle piante coltivate’ (1927) che nel mondo le piante non erano state domesticate a caso ma ciò era avvenuto in particolari regioni diverse per ogni specie chiamate "centro di origine" dove la specie era presente con la massima variabilità genetica, individuando quello delle principali specie coltivate in piccole aree geografiche del mondo, specialmente nelle regioni montane dell'Asia e dell'Africa.
Tuttavia con la morte di Lenin, che appoggiava e finanziava il programma di Vavilov e l’avvento di Stalin, il suo progetto di ricerca viene messo in discussione da alcuni studiosi sovietici come Lysenko che ne confutavano le teorie mendeliane mettendone in dubbio anche l’efficacia pratica. Il susseguirsi di anni di raccolti disastrosi crearono notevoli difficoltà a Vavilov che si ritrovò sempre più isolato ed inviso al regime che lo accusò di avere ritardato lo sviluppo della produzione agricola facendolo arrestare nel 1940 con l’accusa di spionaggio e cospirazione antisovietica. Vavilov morirà nel 1943 di fame e di stenti nel carcere staliniano di Saratov. Ma la sua passione aveva fatto scuola, nonostante la sua morte e il lungo assedio (dal settembre 1941 al gennaio 1944) alla città di San Pietroburgo (al tempo Leningrado), i suoi manoscritti, i documenti e soprattutto la sua grandiosa ed inestimabile raccolta di semi e di materiale vegetale rimase integra, tenuta gelosamente nascosta ai tedeschi da scienziati del suo gruppo di lavoro, in nove dei quali preferirono morire di fame piuttosto che intaccare la collezione. Nel 1955 Vavilov fu riabilitato riconoscendo da parte governativa l’assoluta inconsistenza delle accuse a lui addebitate e successivamente gli venne dedicato l’Istituto che per tanti anni aveva diretto.
Infine, leggendo il programma di incontri Piante e saperi: libri per il 2015 , curati da Mimma Pallavicini per Murabilia, mi rendo conto come Vavilov ha riempito la mia estate; venerdì 4 settembre, infatti, verrà presentata da Riccardo Franciolini della Rete semi rurali la prima traduzione italiana del libro di Vavilov: L’Origine della piante coltivate I centri di diffusione della diversità agricola edito da Pentagora. Il libro l’ho già ordinato e non vi nascondo che mi sarebbe piaciuto molto assistere alla sua presentazione.
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