venerdì 11 agosto 2017

L'albero della canfora: soluzione quiz botanico agosto 2017

 
L’albero della canfora denominato botanicamente Cinnamomum camphora è una specie arborea originaria delle foreste tropicali del sud est asiatico, molto diffusa allo stato spontaneo in paesi come India, Cina e Giappone dove ne esistono esemplari giganteschi e più che millenari.

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Al di fuori delle aree d’origine è un albero di media grandezza che può raggiungere 15-20 metri con un tronco colonnare ramificato sin dalla base e una larga chioma di forma ovato-sferica.
Le foglie sono sempreverdi, alterne, oblungo lanceolate, acuminate, di consistenza coriaceo cartilaginea ed assumono tonalità rossastre sia quando sono giovani che prima di cadere; le foglie presentano tre lunghe nervature prominenti di colore verde lucente sulla pagina superiore della foglia e biancastre sul rovescio; lacerate emanano un gradevole aroma canforato.
In primavera ha luogo la fioritura che non è molto appariscente con pannocchie ascellari di piccoli fiori senza corolla cui seguono bacche ovali dalle dimensioni di piselli, nere e lucenti a maturazione. La specie si moltiplica facilmente per seme utilizzando i frutti appena raccolti.
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Carattere particolare di questa pianta e che tutti i suoi organi: radici, legno vecchio e giovane,  corteccia,  foglie tenere ed invecchiate,  fiori e frutti contengono un olio essenziale chiamato canfora che estratto si presenta sotto forma di una sostanza bianca cristallina di caratteristico odore, utilizzata per molteplici usi religiosi, tradizionali, medicinali, erboristici e come ottimo repellente per gli insetti.
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Cinnamomum camphora è, inoltre, un albero dal portamento molto ornamentale che può essere coltivato in piena aria nelle regioni temperate nella fascia climatica degli agrumi. Nei giardini europei la specie è stata introdotta per la prima volta nel 1688 ad Amsterdam e nel 1749 si ebbe la prima fioritura in Europa presso l’Orto Botanico di Berlino. In Italia i primi esemplari giunsero nei giardini della Reggia di Caserta (intorno al 1782), nel Parco di Capodimonte a Napoli e nelle Isole Borromee.
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1
Per riuscire a estrarre il mio prezioso essudato
i giapponesi mi facevano bollire tutto sminuzzato
 in un gran calderone da distillare

L’estrazione della canfora dai tessuti vegetali si svolgeva, soprattutto in passato, su alberi maturi di oltre quarant’anni d’età che venivano tagliati e ridotti in trucioli utilizzando il legname delle radici e dei tronchi messo a bollire in grandi calderoni di ferro dove i cristalli di canfora sublimati in corrente di vapore davano un prodotto chiamato canfora greggia. Il valore di tali produzioni provenienti da Formosa e dal Giappone alla fine dell’Ottocento raggiungeva cifre considerevoli tanto da far pensare nei primi decenni del Novecento alla possibilità di impiantare anche in Italia dei canforeti da reddito dai quali estrarre la canfora solo dal fogliame in modo da preservare le piante e avere raccolti pluriennali. Negli stessi anni, tuttavia, si cominciò in Germania a produrre canfora sintetica che col tempo rese poco economica l’estrazione della canfora naturale.

2
Immaginate la potenza del mio odore
capace di sovrastare il puzzo di sudore
di uno spogliatoio di calcio maschile,
che è tutto dire

La canfora estratta naturalmente è un prodotto molto apprezzato per le sue caratteristiche fisioterapiche: può essere utilizzata in soluzioni idroalcoliche per ingestione ed in tal caso il suo uso è consigliato per la vasodilatazione, sia al livello delle coronarie che dei polmoni, dove ha funzioni espettoranti e spasmolitici. L’uso interno tuttavia è sempre meno consigliato perché la sostanza può risultare leggermente tossica.

Molte, invece sono le applicazioni della canfora come olio e crema contro i dolori muscolari ed i reumatismi. La canfora, infatti, viene facilmente assorbita dalla pelle e produce una sensazione di freddo simile a quella prodotta dal mentolo, agendo come leggero anestetico locale. L’effetto analgesico è da sempre sfruttato contro i dolori muscolari ed in passato, per questo, era molto usata dai massaggiatori delle squadre di calcio e gli spogliatoi spesso “odoravano di canfora” tanto da divenire uno degli odori tipici di questo sport. 

3
Se sei induista e la nascita di tuo figlio hai da festeggiare,
certamente l’arati dovrai celebrare
ed io non potrò di certo mancare per sprigionare luce vivida e intenso profumo
 senza lasciare dietro di me segno alcuno

Nella religione induista la canfora è la rappresentazione del bianco puro; la sua simbologia traduce sublimazione, luminosità e finezza ed è pertanto un valido ingrediente per incensi divinatori. Viene ad esempio usata in una cerimonia denominata “arati” che è una celebrazione in onore di una divinità. Il momento culminante del rito è quello in cui si brucia la canfora che produce luce vivida e profumo intenso. Poiché la canfora non lascia residui la sua fiamma simboleggia tanto l’incarnazione della divinità quanto il suo trascendere la forma corporea. L’arati viene celebrata anche in altre occasioni come la prima visita dello sposo alla casa della sposa, il primo ingresso di una coppia di sposi nella nuova casa, la nascita di un figlio.
4
Sarebbe bello poter pensare
che in una stazione di Osaka non mi hanno fatto tagliare
più per amore della tradizione che per sciocca superstizione
Cina e Giappone sono luoghi d’origine della specie ed annoverano esemplari ritenuti sacri perché più che millenari come l’esemplare cinese presente presso il santuario Hachiman, nel distretto di Kagoshima che vanta 1200 anni di età o l’esemplare piantato in Vietnam nel comune di Tien Luc, distretto di Lang Giang, che ha raggiunto i 40 metri di altezza con un’impalcatura di sette grandi rami verdi ed un’età stimata di 1000 anni e che, per la sua rarità e le sue dimensioni, è ritenuto il secondo esemplare più grande al mondo. In Giappone, invece, ad Osaka, la nuova stazione Kayashima è stata ingrandita inglobando un antico esemplare di canfora vecchio di 700 anni. In realtà in un primo momento quando nel 1972 fu approvato un ampliamento della stazione era stato previsto l’abbattimento dell’albero poi sia per rispetto della tradizione che per non sfidare la superstizione locale che prevedeva una maledizione su chi avesse tagliato i rami dell’albero, si decise di lasciarlo integro al centro della stazione.
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Fui usata per inventare la prima palla da biliardo artificiale
  e anche le pellicole per i primi film da girare
ma il connubio non era di la da durare
perché per niente si faceva fuoco e fiamme
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La  celluloide può essere considerata la prima materia plastica artificiale prodotta industrialmente alla fine dell’Ottocento partendo da nitrato di cellulosa e canfora. Fu il chimico J.W.Hyatt che la inventò nel 1869 partecipando ad un concorso per trovare una sostanza capace di sostituire l’avorio dalle palle di biliardo e ideando a tale scopo una pirossina plastificata con la canfora che chiamò celluloide. Un materiale flessibile, resistente e refrattario all’umidità; purtroppo il composto era anche instabile e molto infiammabile e bruciando dava luogo alla produzione di gas tossici.
 

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