Incontro con Carmelo Di Bartolo ed Antonio Perazzi al vivaio Malvarosa
Finalmente con il mese di marzo è arrivato il momento di dire addio alle brume invernali che equivalgono, per gli appassionati dei fiori, al letargo dei sensi; l’inverno è, infatti, un vero mortorio per chi nei giardini, nelle piante e nei fiori trova il suo passatempo.
I vivai sono tutti in disarmo e molti vivaisti vanno in vacanza a godersi il meritato riposo; nei mercati o nelle fiere non si trovano piante da comprare ad eccezione delle onnipresenti piante grasse e succulente; pochi anche gli incontri, le conferenze ed i convegni degni di nota cui ho avuto voglia di partecipare, insomma, una tragedia che mi ha fatto disamorare anche del blog tanto da decidere di non scrivere più una riga fino a quando non avrei provato interesse per una nuova iniziativa.
Ma dopo mesi di annoiata attesa finalmente lo scorso fine settimana, pregustando l’evento, mi sono precipitata al vivaio Malvarosa a Carruba di Giarre dove si è svolta la Quinta Festa dei Gerani, organizzata da Filippo Figuera e da sua moglie Agata nel loro vivaio- abitazione.
Il programma è sempre fitto di iniziative ma scansando le proposte rivolte ai bambini che riempiono il vivaio di una moltitudine di famiglie festanti mi sono concentrata sull’incontro in programma per il sabato pomeriggio dal titolo “Furbo come un geranio, mistico come un gelsomino”: una chiacchierata con il designer Carmelo Di Bartolo e il paesaggista giardiniere Antonio Perazzi che già, anche solo per il titolo, mi incuriosiva per dove la discussione sarebbe potuta andare a parare. Gli incontri a Malvarosa sono sempre molto conviviali, gli invitati sono amici tra loro, amici dei Figuera e anche tra il pubblico ci sono amici; c’è dunque un’atmosfera familiare che porta spesso i relatori a esporre in maniera informale, interloquendo tra loro, scherzando con il padrone di casa e con il pubblico amico, creando un’evento all'insegna del relax. I due relatori si sono equamente suddivisi l’argomento da trattare e così del "furbo geranio" si è occupato Carmelo Di Bartolo mentre il "mistico gelsomino" è stato lasciato al talento romantico di Antonio Perazzi.
Perché il geranio viene definito furbo?
Tutto parte dal lavoro svolto da Carmelo Di Bartolo che, acese d’origine, da 44 anni si è trasferito a Milano dove è diventato un design affermato svolgendo attività professionale per grandi imprese ed enti governativi e dove pratica attività didattica essendo stato docente e successivamente direttore dello Istituto Europeo di Design (IED) di Milano e Madrid.
Il suo lavoro consiste nell’osservare aspetti particolari del mondo vegetale ed animale traducendo queste osservazioni in meccanismi geometrici, applicabili a progetti utili alla realizzazione di materiali super tecnologici richiesti da grandi aziende pubbliche e private. Per esempio partendo dall’osservazione di oltre 120 superfici naturali come quella delle fragole o di diverse conchiglie si è riusciti a tradurre queste osservazioni in modelli analogici applicati poi alla realizzazione di pavimentazioni per non vedenti alla Metropolitana di Milano.
Considerando poi che per realizzare prodotti innovativi le geometrie ed i materiali sono importanti, Di Bartolo ed il suo studio, lavorando per Samsung, si è molto interessato alla flessibilità studiando tutta una serie di forme naturali come ad esempio, le foglie di alcune palme che si piegano come un ventaglio ottenendo una forma resistente non per quantità di materiale ma per qualità geometrica, riuscendo al contempo a trasportare la linfa e dunque energia. Da questi studi è nato il progetto per produrre tablet o telefoni in grado di piegarsi come una specie di origami.
Il suo lavoro consiste nell’osservare aspetti particolari del mondo vegetale ed animale traducendo queste osservazioni in meccanismi geometrici, applicabili a progetti utili alla realizzazione di materiali super tecnologici richiesti da grandi aziende pubbliche e private. Per esempio partendo dall’osservazione di oltre 120 superfici naturali come quella delle fragole o di diverse conchiglie si è riusciti a tradurre queste osservazioni in modelli analogici applicati poi alla realizzazione di pavimentazioni per non vedenti alla Metropolitana di Milano.
Ma, come c’ entra il geranio con il lavoro di Di Bartolo? I pelargoni, che è il vero nome dei gerani, sono un genere di piante in grado di resistere eroicamente alle situazioni climatiche limite come quando le abbandoniamo su un balcone e non ce ne curiamo più ma loro continuano a vegetare e fiorire.
Hanno una grande variabilità di superficie fogliare per adattarsi a varie situazioni di luce e scarsità d’acqua: Pelargonium tomentosum ad esempio ha una peluria che ricopre la foglia dove l’acqua in qualche modo riesce a mantenersi nella configurazione sferica. Ed ogni specie presenta diverse tipologie di peli di diversa natura, con diverse funzioni in grado di applicare una quantità incredibile di strategie: di tipo difensivo, di tipo d’attacco e funzionali per la coibentazione ad esempio; se si riuscisse a capire anche in minima parte tutti i processi chimici presenti in una foglia di pelargonio si avrebbe un reddito di conoscenza importante.
Molto interessante ad esempio è la strategia utilizzata dai pelargoni per disseminarsi: i semi dei pelargoni hanno un peduncolo a forma di spirale che si presenta attorcigliato e che al variare dell'umidità atmosferica si contrae e si arrotola in un forma più o meno logaritmica. Ogni specie presenta delle varianti rispetto allo schema generale che permette al seme di volare e cadere puntando al suolo in modo elegante. Quando è presente sufficiente umidità, il peduncolo si idrata e si srotola dando la spinta necessaria al seme per penetrare, avvitandosi nel terreno. Dall’osservazione di questo scaltro comportamento vegetale si sono tratte utili informazioni per progettare trivelle da utilizzare nelle perforazioni petrolifere.
Ed il gelsomino?
Per arrivare nel corso dell’incontro, al perché il gelsomino sia da considerarsi mistico, Antonio Perazzi racconta di se e del suo rapporto con la natura ed i giardini. Il giardino è definito luogo di serenità dove tutto ha un suo ritmo ed è un continuo susseguirsi di eventi: piante che sbocciano, altre che muoiono in un continuo mutare e divenire, dove ogni componente è bisognosa di cure ed attenzioni perché non esistono giardini che non abbiano la necessità di avere un giardiniere che li accudisce.
E chi fa giardini non deve inventare nulla ma solo ricalcare quello che un luogo, un ambiente ti offre assecondandone le potenzialità e operando con le diverse componenti e non contro le stesse, cercando di fare tutto con il minore dispendio di energia e di risorse. In natura ci sono luoghi dove i paesaggi e le piante ed i fiori che vi crescono sono talmente belli che si è letteralmente ubriacati dalla bellezza di un paesaggio spontaneo da cui trarre ispirazione. Chi si occupa di giardini dovrebbe propendere più per una visione etologica della natura invece che puntare sulla creatività ad ogni costo traendo ispirazione più da un paesaggio naturale che da un giardino costruito. Ed è qui che entra in gioco il gelsomino, partendo dall’assunto che avere un giardino fa stare bene non c’è niente di meglio del gelsomino per stare bene in giardino. Un fiore che è purezza divina perché ha una forma meravigliosa, complessa, suadente ed anche sensuale; un fiore che affascina e consente connessioni intellettuali. Ma a Perazzi piace spiazzare i suoi ascoltatori che sono oramai convinti di avere afferrato la sua filosofia progettuale che è quella di fare giardini naturali. Ed invece viene mostrata al pubblico una foto del giardino di Villa Gamberaia dove le abili mani di esperti giardinieri realizzano architetture vegetali complicatissime su piante che non sanno più di essere piante, perché sono diventate muri, sfere, pilastri e tanto altro.
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Il mio primo appuntamento di primavera è stato di buona soddisfazione anche se ho dovuto riascoltare più volte la registrazione dell'intera chiacchierata per venire a capo di una conversazione ricca di divagazioni e scambi di opinioni personali; ne vorrei ascoltare una a settimana al vivaio Malvarosa per riacciuffare la voglia di scrivere di piante.
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