mercoledì 23 ottobre 2019

La villa ed il parco della Signorina Reimann

A Siracusa, lungo la via Necropoli Grotticelle che fa da confine al grande Parco archeologico della Neapolis, ha sede la Villa Reimann di proprietà, a partire dagli anni Trenta del Novecento, di Christiane Elisabeth Reimann, facoltosa figlia di un banchiere danese arrivata in Sicilia, così come tanti altri viaggiatori stranieri, insieme al compagno, il dottore Wilhelm Alter, per curare problemi di salute nel clima mite dell’isola e per visitare le sue aree archeologiche; le rovine del teatro greco di Siracusa, le latomie, gli ipogei, il mare di Ortigia colpiranno a tal punto la Reimann da farle decidere, nel 1934, l’acquisto di villa Fegotto costruita da un imprenditore siracusano alla fine dell’Ottocento in una posizione sopraelevata rispetto al nucleo centrale della città; una delle prime espressioni di espansione extraurbana avutasi a Siracusa subito dopo l’Unità d’Italia.
La villa, inizialmente composta da un solo piano, venne dalla Reimann rimodernata con l’aggiunta di un piano superiore e con la creazione di un grande parco. 
La Reimann che aveva immaginato la villa come nido d’amore da dividere con il suo compagno, dopo pochi anni burrascosi passati insieme, a seguito dei ripetuti tradimenti del dottor Alter che arrivò addirittura a vendere la villa a sua insaputa, lo lascia e nel 1938 riacquista la casa dove vivrà da sola sino alla sua morte avvenuta a Siracusa nel 1979. Per tutti i siracusani che l’hanno conosciuta la Reimann rimase sino alla fine “la Signorina Reimann” , la Crocerossina dai grandi interessi culturali, frequentemente in viaggio per l’Europa, capace di affrontare da sola la requisizione della villa da parte degli inglesi durante la seconda guerra mondiale ed il suo trasferimento forzato a Floridia, un paese vicino, dal quale, frequentemente a piedi, tornava in villa per controllare la situazione.
Alla sua morte la Reimann scelse di donare l'intera proprietà, per lascito testamentario, al Comune di Siracusa con l’obbligo di destinarla a ..sede perenne di iniziative formative ed educative di rango universitario ed elevato interesse culturale ed infine, dopo anni di abbandono,  oggi,  Villa Reimann, è sede del Consorzio Universitario Archimede e dell’Associazione Save Villa Reimann che in passato si è battuta perché incuria e disinteresse non calpestassero le ultime volontà della benefattrice.
Molto interessante la visita della villa e del giardino: la residenza, recentemente restaurata, è arredata con parte dei mobili in stile rococò originariamente presenti (altri negli anni sono stati trafugati); una magnifica scala autoportante in marmo di Carrara segna l’accesso alle camere del piano superiore; la biblioteca, il soggiorno, quadri e suppellettili di gusto nordico, la stanza al piano terra dove negli ultimi anni la Reimann, che aveva problemi di deambulazione, dormiva.
Tutto, in villa, ci parla del carattere risoluto della Signorina, che, ad esempio da tutti i libri presenti in biblioteca, in astio al compagno che l’aveva tradita, taglia con una forbicina e fa sparire il nome di lui apposto sulla prime pagine di copertina.  
Dalla balconata del primo piano con una scala si accede al giardino inglese che guarda a sud; un giardino di acclimatazione dove la Reimann collezionava esemplari acquisiti dagli Orti Botanici di Palermo, Napoli, Catania o fatti arrivare da lontano: palme sopra tutto, molte delle quali sfuggite al punteruolo ( Erithea armata, Jubaea chilensis, Livistona chinensis, Sabal palmetto, Cycas, Washingtonie) ; arbusti esotici come thevetia, acokanthera, meryta, juanulloa, cotynus, Strelitzia alba e Strelitzia reginae; alberi di feijoa, plumeria, jacaranda,schinus, Ficus pandurata. 
Nella parte bassa del giardino c’è una collinetta artificiale che raccoglie una collezione di piante succulente e che culmina con un torrino in legno dove la Reimann amava leggere e spingere lo sguardo verso il mare di Ortigia e del Golfo. 

Molti i luoghi di relax nel giardino con tavoli, sedute, fontane e vasi tutti realizzati a mano, scolpiti nella pietra siracusana.

Sul fronte della casa invece con esposizione a nord viene impiantato il Giardino delle Esperidi (erano delle Ninfe ed Aretusa era una di loro) in omaggio alla classicità del luogo; un agrumeto a sesto regolare che raccoglie tutte le possibili tipologie di agrumi coltivate in terra di Sicilia: il limone Femminello Siracusano, oggi IGP; arance rosse, arance a polpa bionda, cedri, pompelmi, mandarini; nel viale centrale una collezione di rose antiche, alcune delle quali portate dalla Danimarca. 
Ad accrescere l’interesse per la Villa ed il suo Parco è di grande rilevanza la connotazione archeologica del sito. Quando la Reimann acquistò la villa, infatti, era ben consapevole che la proprietà costituiva una naturale continuazione dell’area archeologica Neapolis, in un luogo destinato a necropoli in uso dal periodo greco a quello romano paleocristiano. Si innamorò del luogo perché amava l’archeologia e scriveva in una sua lettera che nel suo giardino “amava dialogare in solitudine con le antichità..” Avviò dunque sistematici scavi individuando diversi ipogei (uno dei quali fu utilizzato come cantina ed altri come rifugi antiaerei durante la guerra) ma anche latomie, luoghi dove gli antichi greci estraevano la pietra da costruzione. 
Una di queste, la cosiddetta Latomia del Carratore era attigua alla proprietà e sarebbe stato desiderio della Reitmann acquistarla se non ci fosse stata l’indisponibilità alla vendita della famiglia dei proprietari. La Reimann tuttavia si fece scavare un affaccio sulla latomia dal suo giardino, per godere del fascino delle pietre antiche.
E di antico in questa proprietà oltre che la roccia c’è anche l’acqua, portata da una parte del tracciato del Canale Galermi, un’importante opera di ingegneria idraulica realizzata dai greci nel 480 a.C per ordine del Tiranno Gelone come trionfo dei siracusani sui cartaginesi nella battaglia di Imera. L’acquedotto attinge le acque nell’alta valle dell’Anapo nei territori di Sortino e Pantalica e le trasporta attraverso trincee scavate nella roccia fino al parco Neapolis proprio sopra la Cavea del Teatro greco. Un tratto interrato di questo acquedotto attraversa per circa 400 metri la proprietà Reimann ed in un angolo del giardino dove c’è il pozzo, se ne sente ancora scorrere l’acqua.
Villa Reimann è un appuntamento da non mancare per chi, appassionato del verde, volesse visitare Siracusa; una visita bella e interessante in un luogo ritornato presentabile dopo anni di incuria e dove, con un fitto calendario di appuntamenti  culturali  (conversazioni, conferenze, dibattiti, tè letterari) si rende finalmente giustizia all’amore che la Signorina Christiane Elisabeth Reimann ebbe per questi luoghi antichi.
 
P.S.
Ho visitato la Villa in occasione della manifestazione Le vie dei Tesori; ho visitato il giardino e le emergenze archeologiche nelle Giornate del Fai; mi sono documentata sulla flora del parco leggendo l'introvabile pubblicazione: I giardini di Villa Reimann A. Attardo, E. Farinella, 1996, Istituto di Studi Siracusani
P.S: 
Catania, 13 novembre 2022
Oggi, a distanza di anni dalla sua pubblicazione, ho ricevuto una missiva riguardo a questo post e siccome l'interlocutore ha tutti i titoli per interloquire a proposito,  trascrivo pedissequamente il contenuto della missiva a vantaggio di tutti i lettori: " Dott.ssa buongiorno, ho condiviso un suo articolo del 2019 su villa Reimann. Una descrizione appassionata, scorrevole e veritiera tranne per alcuni piccoli particolari: Il Raggruppamento Save Villa Reimann che coordino non ha sede in Villa, La Reimann non fu mai crocerossina ma prima infermiera danese laureata e diresse per 12 anni l'ICN International Council of Nurse riportandola in auge (oggi contano 20 milioni di iscritti), Riacquistò la Villa nello stesso anno in cui Alter l'aveva venduta (1935), oggi l'acqua del Galermi non scorre più in villa, il Parco esisteva quando acquistò la villa anche se lei lo riordinò con la collocazione di tante piante particolari. Complimenti ancora. Marcello lo Iacono Presidente Associazione Christiane Reimann". 

giovedì 10 ottobre 2019

Antonio Perazzi: Home Ground a Radicepura

Voglio dire una cosa che forse non sarà molto popolare: l’autunno non mi piace: quell’illanguidire delle giornate che a poco a poco si incupiscono; il ritorno dell’ora solare; la scuola; i giardini che perdono gli smaglianti colori della bella stagione, nei vivai solo ciclamini e crisantemi, la luce che diventa mogia e ti porta a meditare su quanti tramonti hai già visto e quanti ancora ne riuscirai a vedere…
L’autunno è una stagione di melanconia che non ho proprio voglia di fare mia.
 
A peggiorare la situazione manca oramai solo una manciata di giorni alla chiusura della seconda edizione del Radicepura Garden Festival che a Giarre, in Sicilia, da questa primavera e per tutta l’estate, ha catalizzato l’attenzione degli appassionati del verde.
Un grande Parco Botanico ancora in itinere realizzato dalla Fondazione Radicepura, più quattordici giardini e quattro installazioni, opera di paesaggisti famosi ed emergenti ispirati, quest’anno, al tema del giardino produttivo, hanno reso di grande interesse questa edizione del Festival.
E non solo i giardini sono stati motivo di visita perché tante iniziative di richiamo si sono susseguite nel corso dell’estate come il Cinema in giardino, le domeniche dedicate alle famiglie con l’iniziatica Kids Trip Family friendly-Professione piccoli paesaggisti ed ancora Garden e Grill; Yoga in giardino;  Incontri con gli autori (Giuseppe Barbera, Arturo Croci, Michele Serra e Carlo Pagani),) e workshop con architetti del paesaggio di importanza internazionale come Andy Sturgeon, James Basson e Antonio Perazzi. Quest’ultimo, ad esempio, ha curato, il workshop Nuove piante, agricoltura, paesaggio spontaneo: tre alleati per il giardino siciliano che si è svolto lo scorso fine settimana. A detta di chi vi ha partecipato si è trattato di un evento di grande interesse non solo per le visite ai vivai Faro e al Parco di Radicepura ma anche per la generosità con cui l’architetto-giardiniere, come ama definirsi, ha parlato di se, del suo giardino e del suo lavoro.
Tutto questo ha da finire; siamo in autunno e la manifestazione si avvia a chiudere i battenti il 27 di ottobre. Proprio ora che i giardini hanno finalmente raggiunto il loro aspetto compiuto e l’idea progettuale si è resa più facilmente leggibile anche ai profani, le installazioni non saranno più visitabili al grande pubblico e nel tempo verranno smantellate per lasciare posto a quelle che fra due anni parteciperanno alla nuova edizione del Garden Festival.
Come Requiem per il Festival che ha fatto belle, quest’anno, le mie stagioni del cuore, primavera ed estate, racconterò dell’installazione Home Ground di Antonio Perazzi che è quella, fra tutte, che mi è piaciuta di più, meta di ogni visita che ho fatto al Festival per seguirne lo stato dell’arte e che mi auguro potrà rimanere installata anche per le edizioni a venire. 
 
Home Ground o 'Terra di casa' è una grande scacchiera che alterna riquadri che ospitano  piante tropicali da frutto a lastre di pietra lavica levigata  su cui sono incisi pensieri sul giardino;  nel parco di Radicepura questo giardino è stato posizionato proprio sotto  la grande Tour d’y voir di Michael Péna perché è dall’alto che se ne ha una visione molto suggestiva.
 
Di questa installazione ho trovato assai originale l’approccio con il tema del Festival che è quello del giardino produttivo. Secondo Perazzi, il giardino ha l’encomiabile merito di produrre un enorme miglioramento nel giardiniere che lo ha ideato e che lo cura e che può considerarsi a buon diritto il prodotto finale del giardino.
 
Come già sostiene nel suo ultimo libro Il Paradiso è un giardino selvatico: “ Il lavoro del progettista di giardini non è solo la composizione della forma o dello spazio abitativo all’aperto, è anche la capacità di lavorare insieme alle piante assecondando il loro carattere per raggiungere uno scopo comune di armonia ed equilibrio” ed ancora: “ ..il giardino non può esistere senza il giardiniere che, da creatore, diventa prodotto stesso della natura”.
Perazzi si è molto inspirato alla Sicilia nella progettazione nel suo giardino riprendendo ad esempio l’antica tradizione delle saie, di origine araba, utilizzate per irrigare gli orti e gli agrumeti. Un corso d’acqua, infatti, alimenta il giardino aumentando progressivamente la sua portata fino ad inondare, straripando i riquadri in pietra lavica che portano incisi degli aforismi; poi l’acqua defluisce per tornare a tracimare con cadenza ripetuta. 
La Sicilia ritorna anche nell’uso dei materiali: è stata realizzata, ad esempio una lunga seduta in pietra lavica utilizzando scarti di lavorazione forniti dalla famosa cava etnea dei fratelli Lizzio; questi sono stati, poi,  lavorati direttamene sul posto, allineando e modellando ogni singola lastra a formare il manufatto forse più costoso presente in tutto il Festival, ottenuto tuttavia partendo da un’idea di riciclo e recupero di scarti di lavorazione.  
Alle spalle della seduta una moltitudine di essenze da fiore che hanno profumato l’estate con le fragranze di gardenia, plumeria, hedychium, jasminum, aromatiche. Al centro della scacchiera sono presenti alberi da frutto tropicale provenienti in gran parte dai vivai di Natale Torre di Milazzo (annona, asimina, syzygium, mango, litchi); nella loro scelta si sviluppata un’altra tematica  progettuale che punta l’accento ai cambiamenti climatici per cui non sono tanto le specie tropicali da frutto che si sono dovute adattare a vivere sull’isola ma è la Sicilia che si sta adattando alla loro coltivazione diventando sempre più una regione a clima tropicale.
La vegetazione che contorna il giardino è in questi ultimi giorni lussureggiante: cycas, zamia, erythrina, alocasia,  aspidistra, thevetia.

È un giardino che, come dice Gaetano Zoccali, giornalista-giardiniere, autore dei quindici pensieri sul giardino incisi sulle lastre di basalto etneo: “gioca sul filo del rasoio, tra il naturale e l’addomesticato”.
 
Approfittando del momento di reflusso dell’acqua è stato divertente zampettare dentro la scacchiera per trascrive uno per uno i pensieri incisi, il più condivisibile dei quali è al centro: Il giardiniere conosce il Paradiso.
Come dargli torto?
 
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