mercoledì 22 dicembre 2021
Eredità vegetale: pensieri per il fine vita
venerdì 29 ottobre 2021
Frutta tropicale d'autunno a km zero
Quando comincia l’autunno la scelta sui banchi della frutta è molto ridimensionata rispetto alla varietà di gusti e colori dell’estate. Non parlo di frutta come mele e pere ed anche di uva che sono presenti oramai praticamente tutto l’anno ma della frutta stagionale, quella che ci ricorda che le temperature stanno scendendo, che serve fare il cambio di stagione uscendo dagli armadi maglie, felpe e scarpe chiuse e nel letto si sta contenti se mettiamo un soffice e caldo trapuntino.
L’autunno è la stagione dei colori morenti che caratterizzano il foliage di molte piante che si preparano al riposo invernale ed anche i frutti hanno colori abbinati: pensate ai cachi o al giallo arancio dei primi agrumi (tangeli) e per noi siciliani ci metto dentro anche i fichi d’india di seconda fioritura (i cosiddetti bastardoni).Bene, cancellate questo quadretto autunnale da lezioncina di prima elementare perché non è di frutta tradizionale che vi voglio parlare ma delle tante specie di origine tropicale la cui coltivazione si sta diffondendo in Sicilia e la cui produzione comincia a comparire sui mercati rionali in pieno autunno.
Parlo di avocado, mango, annona prodotti a chilometro zero in terra di Sicilia ma anche di frutti tropicali minori come guava, pitanga, feijoa, longan, casimiroa, la cui coltivazione avviene con successo in alcune aree costiere isolane. Un precursore nella coltivazione di specie tropicali da frutto in Sicilia è l’agronomo vivaista Natale Torre che nel suo vivaio a Milazzo dimostra con i fatti come, vista la perfetta adattabilità di molte specie di origine tropicali al nostro clima, soprattutto nella fascia degli agrumi, la loro coltivazione come specie da reddito è diventata una realtà di successo. Ecco un elenco da lui suggerito di specie tropicali i cui frutti si commercializzano in autunno ed il cui gusto e colore possono competere con gli abituali frutti dall’antiquato foliage.
E’ tra le specie che sta suscitano grande interesse nella coltivazione specializzata, con la realizzazione di molti nuovi impianti sull’isola. La sua diffusione tuttavia non può essere generalizzata perché il mango è molto suscettibile al freddo ritrovando nuovi impianti sopratutto lungo la fascia costiera che si affaccia sul Tirreno e lo Jonio. Tra le varietà di mango c’è un forte variabilità colturale per forma, sapore e profumo del frutto; la cultivar più diffusa nel nostro ambiente è la 'Kensington Pride' di origine australiana che ha una maturazione precocissima e che si adatta anche in condizioni climatiche non ottimali; le varietà che danno frutti in autunno sono 'Kent', 'Maya', 'Osteen'. La più tardiva di tutte è la 'Keitt' che si riesce a raccogliere a dicembre, sotto Natale. Come portainnesto si usa la varietà 'Gomera 3' che è abbastanza resistente al freddo. Un frutto di mango può arrivare a pesare anche un chilo ma nella media i frutti pesano intorno ai 300 gr. Vengono raccolti ancora verdi o con una punta di giallo perché maturano rapidamente assumendo la classica colorazione lucida e rosso rosata. Per chi da poco si accosta al tropicale e comincia ad acquistare manghi al mercato è da ricordare che questi frutti amano il caldo perciò le temperature del frigorifero non sono adatte ad una loro idonea conservazione; meglio lasciarli fuori con temperatura intorno ai 10 gradi.
domenica 10 ottobre 2021
Un giardino di vasi a Torre Archirafi
Torre Archirafi è un piccolo borgo marinaro che si affaccia sullo Ionio in prossimità di Riposto, in Sicilia. Un luogo di mare e di vacanze molto affollato d’estate che diventa tranquillo ed ospitale quando gli interessi dei più si spostano dal mare ai centri commerciali. Un posto dove passeggiare, in questa stagione autunnale, perdendosi a guardare i mille movimenti delle onde del mare che è proprio lì, a ridosso delle case che sono esposte, inermi, alle mareggiate e al forte vento.
Ed è proprio di fronte ad una delle prime case della Marina di Torre Archirafi che si focalizza l’ attenzione di chi ama il verde per lo stupore che suscita un’incredibile composizione vegetale, un giardino di strada fatto di centinaia di vasi di specie e varietà differenti orchestrate a formare un’unica onda di colore che ha un suo ritmo ed un proprio tema conduttore.
Sono i coleus ( (Plectranthus scutellarioides) che ancora, in questo strascico d’estate, che da noi è l’autunno, la fanno da padrone; le loro foglie hanno colori le cui sfumature si inseguono, rimbalzano per contrapporsi o integrarsi secondo uno spartito che suggerisce movimento, allegria, festa.
Ma sono tantissime le specie che li affiancano ed è divertente scovare tra foglie e fiori quelle delle specie che si conoscono: qua la odorosa Lippia citriodora, le foglie a cuore del Farfugium, il Ruscus, le begonie, le iresine, pentas, vinca, rose rifiorenti, Cestrum nocturnum, brugmansia e tante specie rampicanti per dare verticalità alla composizione come Aristolochia, Lonicera, Jasminum azoricum, passiflora e plumbago bianco ed azzurro.
Non possono mancare le succulente con Agavi, Aeonium, Crassule, Kalanchoe e le aromatiche come Plectranthus, Santolina, finocchietto selvatico, che spuntano di tanto in tanto cercando di farsi spazio tra le molte specie tra loro in concorrenza, anche se a ben considerare, nel susseguirsi di specie a ripetizione non si percepisce affatto contrapposizione, perché in questa composizione corale le piante si vede che stanno bene proteggendosi a vicenda dal sole e dal mare.
Chi è l’artefice di tanto lavoro? Ci vuole amore per le piante ma anche occhio alla composizione perché tutto sembri così naturale ed è questo il talento di Giovanni Puglisi architetto di fatto ma giardiniere nel cuore con il quale è bastato chiacchierare dieci minuti di fronte casa per identificare in entrambi i sintomi di una passione comune per il mondo vegetale.
Giovanni ha messo insieme la sua collezione di piante da foglia e da fiore in vaso da circa due anni e mezzo. E’ una passione che gli viene da lontano quella per le piante, da quando ragazzino passava le estati dai nonni in una grande casa di campagna sulle pendici dell’Etna, al limitare del bosco, seminando pini da mettere a dimora le estati successive. Ricorda, di quelle estati, gli aromi ed i colori delle piante che facevano belli i giardini di una volta: clivie, ruscus, fresie, iris bianchi e blu, amaryllis, calycanthus, fejioa, monstera. Piante abituate a vivere in Sicilia in modo frugale essendo a ridotte esigenze idriche; piante belle ed anche utili perché si potevano mangiare come gli agrumi, il vigneto o le pere e le mele delle varietà tradizionali etnee. Voleva fare l’agronomo Giovanni, ma sapeva anche disegnare e per decisione del padre fu mandato a Milano a studiare architettura. Oggi esercita la professione sposando la filosofia del non comparire; il lavoro dell’architetto, per lui, è quello di assecondare il paesaggio intorno rimanendo spettatore di fronte alla natura; nei giardini tutto deve sembrare naturale pur essendo il risultato di un lavoro lungamente studiato a tavolino.
Come sei riuscito a realizzare questa composizione da strada?
La casa ha una buona esposizione perchè pur essendo fronte mare è esposta ad est ed in estate da mezzogiorno in poi non c’è più sole che batte direttamente sulle piante. E’ questo un fattore fondamentale perché ai tanti amici ai quali ho regalato le mie talee di coleus, in situazioni di esposizione diverse dalla mia non hanno ottenuto risultati soddisfacenti per bellezza del fogliame e brillantezza del colore. Per creare l’ossatura della composizione ho usato i tanti vasi ereditati da mio nonno, vasi fatti a mano che cerco di mantenere nel tempo usando, se necessario, la colla; li metto a terra capovolti per creare dei piedistalli di diversa altezza su cui poggiare i vasi delle piante che desidero coltivare.
Dare acqua è un vero e proprio lavoro perché utilizzo l’innaffiatoio bagnando vaso dopo vaso per evitare eccessi che provocherebbero possibili marciumi radicali. In poco tempo si è creato un ecosistema che sembra stabile, non ho avuto cocciniglie d’estate e non ha mai fatto un trattamento chimico ed infatti tra i miei vasi circolano lumache, grilli, gechi ed una volta ho trovato anche una rana. Ora con l’arrivo del fresco taglierò i coleus in modo brutale (facendo nuove talee per l’anno prossimo) riportando alla luce, nel giardino invernale, i colori ed i profumi di piante che in estate sono rimaste defilate sotto il fogliame esuberante dei coleus.
Ci siamo lasciati che avevo ancora sprazzi di colore negli occhi, stringendo tra le mani un talismano: un vaso antico, fatto a mano, in parte rabberciato che Giovanni mi ha voluto regalare per suggellare questa nuova amicizia a presa rapida, nata in pochi istanti, parlando di piante e guardando il mare.
giovedì 7 ottobre 2021
Kivano, il cetriolo cornuto africano
E’ vero che siamo in epoca di globalizzazione; che il nostro cibo sta diventando sempre più omologato a livello mondiale (ho mangiato in estate mele cilene e sudafricane) e che ci sono sempre nuovi sapori sulle nostre tavole, ma mi sono ugualmente stupita nel trovare in Sicilia, in vendita sulla bancarella di una fiera di paese insieme a fichi d’india, pomodori secchi, olive sott’olio, cicerchia e capperi, i frutti bitorzoluti, prodotti in loco, di una cucurbitacea africana che ha nome Kivano. Data la particolarità del prodotto che è un ancestrale cetriolo ingrossato e bitorzoluto a buccia giallo rossa, ne ho comprato due frutti per constatarne di persona il gusto e le caratteristiche lette sui libri e sul web.
Cucumis metuliferus è una cucurbitacea, parente stretta di specie come melone, zucchina e cetriolo. Originaria delle aree meridionali dell'Africa è coltivata come annuale. La specie è stata introdotta dall’Africa in Australia e Nuova Zelanda e qui, a motivo del gusto dei frutti che hanno sapore indefinito tra il kiwi e la banana l’hanno chiamata Kivano; nei paesi d’origine a causa del sua aspetto è, invece, denominata cetriolo cornuto africano o melone cornuto o, in francese, metulon. La denominazione latina specifica, invece, deriva dal termine “metulifer” che fa riferimento alla presenza di piccoli conetti, spine dure, presenti sulla buccia del frutto.link immagine |
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lunedì 6 settembre 2021
Melianthus major: Hulk in giardino
Quando lo si incontra in un vivaio, infatti, Melianthus major sembra un piccolo, tenero arbusto a foglia persistente dal bel fogliame colore verde argentato, con tonalità blu. Le foglie composte, di forma pennata, sono lunghe, in esemplari adulti anche 50-60 cm e sono formate da piccole foglioline dai bordi seghettati che hanno un aspetto increspato.
Gli inglesi chiamano la specie: Honey bush dal nome del Genere Melianthus che appartiene alla famiglia delle Melianthaceae e il cui nome in latino vuol dire “miele-fiore” perché le lunghe spighe prodotte in primavera sono molto nettarifere attirando api ed altri insetti e nelle zone di origine anche uccelli.Nel suo aspetto baby, nulla fa presagire cosa sarà in grado di fare una volta che il melianto viene messo a dimora in piena terra ma, l’appellativo specifico major dovrà pur dire qualcosa. Volendo riportare informazioni meno ripetitive di quelle trovate online, ho cercato la descrizione della specie nel libro “Botanica Orticola” di Onorato Traverso di Edizioni Agricole, un testo del 1926, e ne riporto a seguire la descrizione:”.. fusto arbustivo-cespuglioso alto m. 2 con ramificazioni grossette ma deboli, allungate, numerose sin dalla base. Foglie persistenti, opposte, imparipennate, con 9-15 foglioline sessili, ovali, dentato-seghettate acutamente e profondamente lunghe di colore glauco cenerognolo, esalanti odore sgradevole; fiori bizzarri arancione rossastro con petali allungati; da una ghiandola posta alla loro base stilla un liquido vinoso nerastro, fiorisce nell’estate in pannocchie terminali piramidali. Frutti vescicolosi”.Io ne ho visto l’incredibile sviluppo nel giardino-vivaio di Natale Torre a Milazzo, in Sicilia; nell’arco di soli due anni una singola pianta si è super moltiplicata ed ingrandita, emettendo fusti multipli che si sono estesi in modo tentacolare sia in larghezza che in altezza ricoprendo suolo e piante che le stavano accanto. Un vero e proprio Hulk vegetale.