Un errore potenzialmente fatale
In occasione di una giornata Fai svoltasi a fine marzo ho avuto modo di visitare il Castello di Targia a Siracusa, una bella dimora federiciana la cui struttura attuale risale al XVI secolo, con un giardino di impianto ottocentesco che vale certamente la pena visitare.
In esso sono presenti tutti gli elementi tipici di un giardino di acclimatazione siciliano di quell’epoca: grandi aiuole raccordate da vialetti in terra battuta all’interno delle quali trovano posto specie esotiche come Ficus magnoliodes, diventato oggi un grande albero la cui chioma incombe sull’intero giardino e grandi esemplari di cycas, yucca, Ceiba speciosa, brachychiton, musa, kentie, Draceana draco, aloe, Strelitzia reginae;
Tra le specie rampicanti Solandra maxima, Monstera deliciosa e Rosa banksiae poste a contornare i bastioni o le porte di servizio al castello; per le bordure Clivia nobilis e chlorophytum; a completare il giardino semplici elementi d’arredo come vasche con piante acquatiche e panchine in pietra e a lato un grande spazio adibito a orto e agrumeto.In questo piacevole luogo, gironzolando lungo i vialetti del giardino d’ornamento, mi sono imbattuta in un piccolo alberetto di una specie a me sconosciuta con belle foglie consistenti e grossi frutti di colore rossastro.Come molte piante presenti nel giardino la specie è identificata da un cartellino su cui è scritto il nome botanico: Synsepalum dulcificum.
Anche il synsepalum ha una particolarità: i suoi frutti infatti, piccoli e rossi, se ingeriti prima di un cibo aspro come il limone lo fanno sembrare dolce, amabile al gusto, a motivo di una sostanza contenuta nella polpa dei frutti che ha il nome esplicativo di “miracolina”. Sono frutti molto intriganti; da Natale Torre la pianta è coltivata in serra fredda ed è coperta da una rete a maglia fitta non tanto per evitare topi o uccelli ma per scoraggiare la raccolta compulsiva di tutti gli umani che visitando il vivaio lo vogliono assaggiare.
I frutti della specie che ho visto in giardino, invece, pur essendo anch’essi rossi, sono più grandi, come due piccole prugne e la pianta ha un habitus che ricorda l’acokanthera un alberetto spesso presente nei giardini siciliani d’antan con foglie inspessite e frutti velenosissimi.
Per il riconoscimento della specie ho chiesto il parere degli amici esperti del gruppo Fb sulle Piante tropicali e subtropicali che nel giro di pochi minuti hanno risposto al mio post di aiuto dando un nome alla pianta. L’alberetto in questione è Ochrosia ellittica una specie appartenente alla famiglia delle Apocynaceae (questo già dovrebbe dirla lunga sulla sua pericolosità) il cui Genere, descritto per la prima volta nel 1789, proviene dal Sud est asiatico, Australia, Isole dell’India e dell’Oceano Pacifico.
Si tratta di un piccolo albero sempreverde con foglie verticillate intere, ellittiche ed un poco incurvate all’estremità. I fiori, di colore bianco crema o giallastro, sono profumati, riuniti in cime ascellari o terminali; i frutti, tossici, abitualmente in coppia sono di colore rosso vivo a maturità; i frutti galleggiano per la presenza di due cavità laterali favorendone la dispersione via mare tra isole vicine. La corteccia del tronco e dei rami contiene un alcaloide ritenuto efficace nelle cure antitumorali.
Verdetto finale: la pianta individuata in giardino è un' ochrosia e non ha niente a che fare con il synsepalum e se è vero che i giardini ospitano molte specie tossiche e velenose (oleandro, thevetia, plumeria) è altrettanto vero che con l’etichettatura sbagliata il pubblico (come avrei voluto fare io) potrebbe essere spinto a farne un consumo improprio credendo di provare l’effetto “miracolina” da un frutto che può, al contrario riservare, se ingerito, brutte sorprese. Come è ovvio, appena certa del fatto mio, ho avvisato la proprietà per evitare il verificarsi di un errore potenzialmente fatale.