Il verde verticale di cui vorrei parlare non è certo paragonabile alle installazioni (green walls) del famoso biologo-botanico francese Patrick Blanc le cui pareti vegetali, come quella del Musée du Quai Branly a Parigi, sono considerate meraviglie dell'architettura moderna per la geniale semplicità del suo metodo di coltivazione e per la complessità dell’ ecosistema vegetale, ricreato con oltre 15000 piante che Blanc è riuscito a fare colonizzare e crescere su di un muro lungo 200 metri ed alto 12.
Le piante scelte e selezionate per le sue creazioni sono specie ruderali che vivono in natura su scampoli di roccia o fra le fessure della pietra o, in alcuni casi, sono specie epifite che crescono sugli alberi e non hanno bisogno di terreno per vivere; specie come felci, bromelie e orchidee, studiate e ricercate in tutto il mondo facendo della biodiversità il carattere distintivo delle sue creazioni.
Il muro vegetale che ho avuto modo di osservare si sviluppa, invece, su una più piccola scala, appoggiandosi alla facciata di una villa privata, ubicata fronte mare, lungo la Scogliera che da Catania porta al paese di Aci Castello. E’ questo un tratto di strada che faccio spesso e dunque dal suo primo apparire, circa quattro anni fa, sulla parete di una villa in ristrutturazione, ho tenuto questa installazione sotto osservazione per vederne sviluppo ed evoluzione. La tecnica di impianto utilizzata non ha niente a che vedere con le green walls di Blanc che impiega come substrato sui cui fare crescere le piante, un sottile strato di feltro imbevuto di una soluzione idroponica, attaccato tramite un telaio metallico alla parete; a Catania invece, la coltivazione avviene su terriccio contenuto all’interno di sacche in tessuto, appese tramite un’intelaiatura alla parete della palazzina, con gocciolatoi posti all’interno delle tasche.
La stessa tecnica utilizzata, qualche anno fa, in un’altra realizzazione verticale a cura del comune di Catania in un importante snodo viario della città, al termine della via Etnea.
La palazzina in esame ha il verde verticale disposto ai lati di una grande vetrata che occupa la facciata laterale della costruzione; a conclusione dei lavori, appariva esteticamente ben congegnata sia per la scelta vegetale che per la buona biodiversità delle specie utilizzate: seguendo l’esempio di Blanc erano presenti felci in quantità, integrate dal verde glauco dei senecio, dei sedum presenti in specie e varietà, con l’ argento di artemisia e il rosso del fogliame dell’ althernanthera a fare da macchie di colore insieme a specie come pothos, chlorophytum , edere e geranei a foglia odorosa posti a trasbordare dalle tasche che costituiscono la struttura portante dell’impianto.
Non proprio piante epifite o ruderali ma a prima vista una buona soluzione perché tutte specie abituate al caldo e alla forte insolazione e per questo frequenti nei giardini o sui balconi siciliani; ma, avrebbero resistito alla salsedine e al vento spirante dal mare? Nonostante le buone premesse in poco tempo il verde è andato a diradarsi e a morire con gran rammarico dei proprietari che tuttavia, avendo a cuore il progetto iniziale, hanno perseverato facendo realizzare, nella primavera di quest’anno, un nuovo impianto.
Nella scelta della componente vegetale si sono affidati, questa volta, ai consigli di Casimiro Tomarchio, vivaista e produttore di grande competenza nel campo delle succulente e delle specie resilienti, adatte al difficile ambiente mediterraneo. Ed è con lui che ne parlo per farmi raccontare i particolari di questa realizzazione: “Per una buona riuscita di un’istallazione a verde verticale, disposta a parete su di una facciata, bisogna considerare molte variabili progettuali sia a proposito dei materiali di impianto che nella scelta delle specie; il substrato utilizzato ad esempio deve essere molto leggero per non gravare, una volta bagnato, sulla struttura e di composizione e granulometria adatta alle specie prescelte; io ad esempio non mi sono fidato di un tipo specifico in commercio, ho realizzato una mia miscela adatta alla piante aromatiche e succulente che pensavo di utilizzare. Un altro problema tecnico non indifferente è la realizzazione di un impianto di irrigazione in grado distribuire l’acqua in modo differenziato. In genere infatti, le tasche superiori tendono a far sgrondare l’acqua in eccesso sulle tasche sottostanti così che si determina un forte divario tra la giusta acqua in alto e l’eccessiva abbondanza in basso; l’irrigazione deve essere poi, frequentemente accompagnata dalla distribuzione di concimi liquidi perché le piante che vivono in una ridotta quantità di substrato hanno elevate esigenze nutritive. Un altro problema tecnico frequente in queste situazioni è legato all’eccessivo calcare presente nell’acqua utilizzata per l’irrigazione che tappa con incrostazioni gli ugelli dei gocciolatoi; un gocciolatoio intasato fa grave danno perché lascia a secco la tasca decretando la morte delle piantine in essa collocate; per mantenere i gocciolatoi puliti bisogna allora unire periodicamente all’acqua di irrigazione dei prodotti acidificanti come l’acido nitrico capace di sciogliere il calcare; d’altra parte la manutenzione manuale dei gocciolatoi è molto difficile e dispendiosa dovendo ogni volta che è necessario, montare una piattaforma elevatrice che porti l’operatore in alto per arrivare ad ispezionare i diversi punti dell’installazione.
Per la scelta delle piante mi sono indirizzato verso specie rustiche, coltivate in alveoli, che riescono ad attecchire anche in quantità minime di terreno, parlo di Plectranthus di 4 o 5 specie; muehlenbeckia, senecio, sedum che ho recuperato dalla precedente installazione, aeonium, tradescantia, hoya, aptenia, lobelia blu, lobularia bianca, portulacaria afra, delosperma “cooperi” e per dare colore in estate: portulaca, surfinie in varietà e dipladenia”
Si può oggi constatare, rispetto alla prima installazione, che il verde si è mantenuto fitto nonostante ci sia stata un’estate torrida con piante che hanno mostrato di resistere al vento e alla salsedine. Rimane da vedere come verrà superato l’inverno ed il vero freddo dei mesi di gennaio-febbraio. Molto si è imparato dagli errori evidenziati nel precedente progetto ed i risultati sembrano dare ragione, al momento, alla perseveranza dei proprietari, cani permettendo: sono stati infatti loro a decretare la morte del verde di una parete verticale realizzata a decoro di un cortile interno, mordicchiandone parti dell'impianto di irrigazione. Tra cani, siccità e salsedine fare verde verticale fronte mare è un' impresa che solo chi ha veramente voglia di fare può tentare di realizzare.
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